La convalescenza di Papa Francesco, la pneumologa: «Piene facoltà mentali ma sul piano fisico non sarà più quello di prima»


Affaticato sì ma presente, dopo settimane di degenza il Santo Padre è apparso dopo dalla finestra del Policlinico Gemelli di Roma. Poche parole, molto affanno nel respiro e nei movimenti, segnali di una convalescenza che ora avrà bisogno di tempo. Dopo le dimissioni avvenute a poca distanza di tempo dal saluto ai fedeli, Papa Francesco ha lasciato tutti con non poche domande: mentre i medici parlano di due mesi di recupero e riabilitazione ci si interroga su cosa il Pontefice sarà ora in grado davvero di fare, quando il mondo riuscirà a riavere un Santo Padre di nuovo in forze, e se questo sarà mai possibile con le attuali condizioni di salute. Open ha chiesto alla professoressa Gianna Camiciottoli, pneumologa presso l’Ospedale Careggi di Firenze, docente presso l’Università di Firenze e membro del Comitato scientifico dell’Associazione Respiriamo Insieme, di fare chiarezza.
Professoressa, intanto come ha letto la notizia delle dimissioni dal punto di vista medico? Un’ effettiva buona notizia?
«Le notizie che filtravano negli ultimi giorni parlavano di un quadro infettivo rientrato. Questo poteva lasciar pensare a una possibile dimissione. Certo ciò che è emerso in modo chiaro dal punto di vista clinico è che permane anche in modo piuttosto importante un’insufficienza respiratoria. Il Papa non è apparso in finestra con gli occhialini nasali, ma li ha messi subito dopo nel viaggio verso Santa Marta. Questo fa pensare che anche per il Pontefice si sia verificato quello che è tipico nei pazienti cronici come lui, e cioè una fase di stabilizzazione, di nuovo equilibrio da leggere su un livello comunque di complessità».
A proposito di segnali clinici, cos’altro si è potuto notare in termini medici dall’affaccio di Francesco in finestra?
«L’insufficienza respiratoria c’è e c’è anche una condizione di mobilità molto ridotta, lo si è visto dalla postura. E poi una gravissima condizione di dispnea all’eloquio: mentre si parla abbiamo delle richieste di ventilazione maggiori rispetto a quando si sta seduti o in silenzio. È una questione di esercizio fisico, e la difficoltà mostrata dal Pontefice è stata massima anche dovendo fare uno sforzo minimo».
Cosa succederà in questa degenza domiciliare quindi?
«Per un paziente che esce da una fase acuta si prevede di valutare diversi aspetti: prima di tutto quello riabilitativo in senso motorio, il paziente deve essere riportato almeno a camminare e deambulare. Questo avviene generalmente in modo graduale e si può pensare che sia un obiettivo raggiungibile per il Santo Padre. L’altra cosa che andrà controllata è la necessità di ossigenoterapia, che al momento potrebbe essere effettuata prevedendo una minore quantità di ossigeno e un monitoraggio costante. Questi i due grossi criteri di miglioramento che devono essere perseguiti».
Fuori dalla struttura ospedaliera i rischi diventano maggiori? A cosa dovrà fare particolare attenzione adesso il Santo Padre?
«Sarà importantissimo non esporsi ad eventuali forme di contagio di infezioni. Dovrà evitare qualunque ambiente dove hanno sostato o sostano molte persone; qualsiasi contatto con bambini per esempio, spesso portatori di germi banali ma con la capacità di contagiare pesantemente per via erogena una persona con apparato respiratorio debilitato e le difese immunitarie di un grande anziano. Non si tratta solo di prudenza ma di necessità».
Sarà una persona in una condizione quasi di semi isolamento quindi?
«Sì, dovrà ridurre molto i contatti, utilizzare presidi come mascherine per garantire una scarsissima possibilità di contagio di infezioni per via aerogena».
Cos’è quella specie di sondino che abbiamo visto indossare dal Pontefice nella strada di ritorno dal Gemelli a Santa Marta?
«Sono degli occhialini nasali, servono per fare ossigenoterapia domiciliare a lungo termine. Saranno centrali per monitorare l’insufficienza respiratoria del Santo Padre. È bene specificare che non riguardano una diffusione dell’ossigeno ad alti flussi. Danno una garanzia di sicurezza di erogazione fino a 5-6 litri».
Torniamo ai due mesi di convalescenza, oltre ai contatti con l’esterno che dovrà evitare, cosà invece potrà fare invece il Santo Padre?
«Una delle cose che potrà e dovrà fare è riprendere possesso del proprio movimento. La condizione di isolamento non dovrà essere motivo di immobilizzazione. Spesso per questo tipo di pazienti uno degli obiettivi che ci si propone è di non fare di loro dei sedentari. Una tendenza naturale per qualcuno che sente grande fatica nel respirare ad ogni movimento fatto.
Per questo esistono presidi portatili che consentono di fare ossigenoterapia spostandosi da una stanza all’altra, delle valigette chiamate stroller con le quali ci si può spostare anche in macchina, o addirittura in aereo. Una modalità pensata per dare nuove forme di autonomia a questo tipo di pazienti senza dover togliere loro il supporto d’ossigeno, che a maggior ragione quando ci si sposta serve inevitabilmente di più perché il corpo è sottoposto a un maggiore affaticamento».
Presidi di cura che mirano a una convalescenza dai risultati efficaci. Ma che recupero è davvero possibile? Tornerà a essere il Papa Francesco che abbiamo conosciuto prima della malattia?
«Il recupero cognitivo può essere totale, ammesso che ci sia stata una compromissione anche sul quel piano. Un paziente con insufficienza respiratoria può essere lucidissimo e proattivo rispetto al suo lavoro intellettuale, quindi si può e si potrà parlare di un Papa ancora nelle sue piene facoltà mentali. Diverso è il discorso del recupero fisico: all’inizio parlavamo di una stabilizzazione, che non vuol dire totale reset delle condizioni. Un miglioramento sarà sicuramente possibile ma a un livello che non potrà essere quello di prima. A maggior ragione se si sta parlando di un grande anziano: il recupero non sarà quello della fase pre-evento acuto purtroppo».
Il Pontefice ricopre un ruolo in cui la parola è centrale. Dai messaggi ai fedeli a quelli rivolti alle crisi attuali nel mondo. Torneremo ad ascoltare un discorso del Papa pronunciato dalla sua bocca come un tempo?
«Se accadrà, non succederà in breve tempo. Il saluto fatto dalla finestra del Gemelli ha mostrato una condizione di dispnea gravissima, la fame d’aria che abbiamo visto anche per pronunciare pochissime e semplici parole, insieme alla postura assunta è un segnale che fa dubitare anche su quanto il Santo Padre riesca attualmente a camminare e a stare dritto. Su questo l’idea di una convalescenza di due mesi è una previsione ottimista».